Ecosistemica

Ogni cosa appartiene alla sua stagione. Mentre alcune cose crescono, altre devono diminuire. Come la decomposizione delle foglie cadute l’anno scorso fornisce sostanze nutritive per la nuova crescita di questa primavera, cosi' certe istituzioni devono essere lasciate al loro declino e decadimento - come ci ricorda Hazel Henderson - di modo che il loro capitale e i loro talenti umani possano essere liberati e riciclati per creare nuove organizzazioni”. F. Capra

La speranza migliore per imparare a vivere in modo sostenibile è che, nella scuola e nella famiglia, gli adulti imparino che "i propri figli e la natura sono intelligenti per natura". Noi crediamo che gli adulti ed i loro bambini, possano svolgere un ruolo fondamentale nel movimento della "vita", vita che è molto superiore alla nostra intesa come vita umana sulla Terra. Vogliamo  fare la differenza nella nostra crescente crisi ambientale, andando verso una società sostenibile. Noi riconosciamo che la scuola ecosistemica sia  un piccolo seme di  un processo che comunque può favorire l'abbondanza della vita su un pianeta finito e che possa far diventare l'insegnamento e l'apprendimento un lavoro vivo, veramente ispirato a come la natura porta avanti i suoi insegnamenti senza utilizzare tante parole.

Portiamo avanti la passione per il nostro lavoro, che nasce dalla  convinzione che la migliore speranza per imparare a vivere in maniera sostenibile, stia nell'educazione  che ritorna ai fondamenti reali: il rapporto con il mondo naturale, la comprensione di come la natura sostiene la vita; nutrimento comunità sane, esplorare le conseguenze dell'impatto dei nostri stili di vita, dalla fornitura dei mangimi alla nostra tavola, la cura dei luoghi in cui viviamo, della gente e delle creature che vivono in essi.
Siamo ispirati dal crescente movimento di educatori, genitori e membri della comunità che abbracciano questa visione.
Esso comprende vivere il mondo naturale, l'apprendimento di come la natura sostiene la vita; il nutrimento di comunità sane, riconoscendo le implicazioni degli attuali modelli economici, conoscendo bene i luoghi in cui viviamo, lavoriamo, ed imparando che essere insegnanti significa trovarsi in una posizione privilegiata, per essere in grado di intrecciare queste basi in tutto il curriculum degli individui in formazione, a tutti i livelli.
Sia che essi si aprano ad una questione ambientale o a dei fondamentali principi ecologici, gli insegnanti ed i genitori possono coltivare conoscenze, abilità e valori essenziali per una vita sostenibile.

Una varietà di strategie d'insegnamento è particolarmente adatta a favorire la vita sostenibile. Noi promuoviamo l'azione interdisciplinare dei metodi didattici; incoraggiamo gli studenti ed insegniamo ad incoraggiare ad impegnarsi attivamente  nell' apprendimento degli ecosistemi dentro e fuori dall'aula; a coinvolgere i ragazzi in progetti a lungo termine, e creare un clima di dialogo propositivo e di riflessione su questioni complesse.
Anche nel Tao della fisica Capra ha denunciato i limiti e le lacune del sapere convenzionale dell'Occidente. La scienza newtoniana - che ha dominato la cultura occidentale per più di due secoli e alla quale continuano a isipirarsi non solo le scienze cosiddette esatte, ma anche numerose scienze umane e biologiche - si fonda su un pensiero lineare e riduttivo messo in crisi, nei primi decenni del nostro secolo, dagli sviluppi della nuova fisica. Questa crisi - che l'autore, riferendosi a un esagramma dell'I Ching, definisce "il punto di svolta" - dipende, secondo Capra, dalla nostra ostinazione teorica. Solo un superamento del riduzionismo ispirato a una visione olistica, ecologica del mondo potrà aiutarci a sciogliere i nodi problematici del nostro tempo. 
 
Secondo Fritjof Capra (“Il punto di svolta”, Ed. Feltrinelli, 1984): La nuova visione della realtà è una visione ecologica in un senso che va molto oltre le preoccupazioni immediate della protezione dell’ambiente. Per sottolineare questo significato più profondo dell’ecologia, filosofi e scienziati hanno cominciato a fare una distinzione fra “ecologia profonda” e “ambientalismo superficiale”. Mentre l’ambientalismo superficiale è interessato ad un controllo e ad una gestione più efficienti dell’ambiente naturale a beneficio dell’”uomo”, il movimento dell’ecologia profonda, ecosistemico appunto, riconosce che l’equilibrio ecologico esige mutamenti profondi nella nostra percezione del ruolo degli esseri umani nell’ecosistema planetario. In breve, esso richiederà una nuova base filosofica e religiosa.

Esiste un approccio di tipo riduzionista mirante allo studio delle cause elementari prime di un fenomeno, che suppone sempre scomponibile in parti più semplici, e c’è un approccio di tipo olistico, che parte dalle proprietà globali di un sistema, non riducibile all’insieme dei suoi elementi.
Il fisico fa riferimento continuo alle particelle elementari, il biologo al DNA, il sociologo all’individuo, sperando di ridurre il complesso al semplice, e così viene fatto per gli ecosistemi. Ma la recente nozione di complessità è diversa. Il tutto vale di più della somma delle parti, perché ci sono le mutue correlazioni. Non solo, anche il modo di scegliere i componenti (che singolarmente non hanno alcuna realtà autonoma) è arbitrario, perché presuppone una cornice concettuale preconcetta, un pregiudizio. Il riduzionismo nasce dal paradigma dominante dell’Occidente, cioè dall’idea che sia possibile scomporre qualsiasi cosa, o evento, in parti separate. L’approccio riduzionista è stato quello seguito soprattutto negli ultimi secoli e che ha portato alla visione del mondo e al modo di vivere attuali delle genti di cultura occidentale, o che hanno assorbito i valori di tale cultura. 
L’approccio ecosistemico riesce difficile a chi è nato con i fondamenti della cultura occidentale e sta appena cominciando a manifestarsi oggi in forma individuale o poco più, ed è appunto da questo presupposto che nasce la Scuola S. e R. Semi e Radici.
Quindi per ora possiamo anche ritenerci liberi di immaginare, o di sperare. Il passaggio necessario per attuare e rendere abituale un nuovo modo di pensare è difficilissimo, anche per chi ne fosse convinto intellettualmente. Ciascuno può immaginare a suo modo le conseguenze che potranno derivare da un’eventuale affermazione su scala generale dell’approccio olistico ed ecosistemico.
Come esercizio, proviamo ad immaginare un mondo in cui:
  • gli opposti sono soltanto aspetti complementari della stessa cosa;
  • la morte è semplicemente l’altra faccia della vita: la Natura è fatta di entrambe come aspetti inscindibili dello stesso fenomeno;
  • non c’è niente da combattere, niente da dimostrare, nessuna gara da vincere o perdere, non c’è alcun bisogno di graduatorie né di primati. I concetti stessi di
  • vittoria, sconfitta e sfida sono inutili;
  • non c’è nulla da conquistare, manipolare, alterare;
  • i concetti di ragione e torto, merito e colpa, sono soltanto pericolose sovrastrutture della mente, che eccitano la violenza e spengono il sorriso;
  • non c’è alcuna distinzione fra spirito e materia, fra umanità e natura, fra Dio e il mondo. La mente è diffusa, universale, indivisibile.
E’ bene chiarire che non si tratta di una visione statica, di un mondo in cui l’assenza del concetto di “progresso” comporti un modo di vivere immutabile, sempre uguale a sé stesso, oppure di attesa. In un certo senso, si può paragonare ad un fiume: sembra simile a sé stesso, ma invece scorre, magari anche velocemente. Non si tratta di “non fare”, ma di agire seguendo il corso naturale delle cose, secondo la Natura. Inoltre, oggi nel nostro mondo c’è un’ossessiva invasione di termini come lotta, battaglia, supremazia, competizione, gara, sfida, vittoria, sconfitta e simili: basta leggere un giornale per rendersi conto di quanti fatti vengano interpretati con questo schema. Proviamo invece a privilegiare l’aspetto cooperativo e universalizzante nei confronti di quello competitivo e auto-assertivo oggi esaltato in modo abnorme dalla cultura occidentale.
Lasciamo perdere anche qualche “simbolo” animale, smettiamo di esaltare chi imita l’aquila, il leone, la tigre per la loro simbolica aggressività. Il mondo è pieno di roditori, non di aquile che, poverette, stanno per estinguersi per la folle espansione umana. Per frenare un po’ la mania imperante, è ora di fare l’elogio del coniglio, l’elogio della fuga, in senso anche emotivo, psicologico. Il mondo non è una cosa da conquistare, ma è l’Insieme di cui facciamo parte. Il fatto di non considerarci “esseri speciali” o “in posizione centrale” non deve affatto indurre al pessimismo; anzi, è motivo di lieta serenità.
Infine, quale può essere una concezione metafisica-religiosa dell’ecologia profonda?Invece del Dio-Persona distinto dal mondo e giudice delle azioni umane, troviamo il Dio-Natura immanente in tutte le cose, e quindi anche in noi stessi, che ne siamo partecipi. La Divinità osserva sé stessa anche attraverso gli occhi di una marmotta, o di una formica, o l’affascinante e misteriosa sensibilità di un albero.

Per molti secoli abbiamo vissuto in un mondo di separazione e di paura. Ci è stato insegnato a temere Dio, a temere il nostro mondo, ad avere paura gli uni degli altri e ad aver paura di noi stessi. Con questo insegnamento, ci è stato insegnato che siamo separati, separati dalla Terra, separati gli uni dagli altri e questo ha quindi creato separazioni e limitazioni dentro di noi. La Terra è un posto di guarigione, un posto dove siamo capaci di rilasciare e di risanare le ferite e gli schemi negativi del nostro passato. Siamo capaci di connetterci con la nostra naturale sensibilità emotiva e di sperimentare la compassione e l’amore incondizionato.